domenica 29 luglio 2012

Vivere in Spagna ai tempi de Los Recortes

(28 Marzo 2011)
Oggi parliamo di economia. Ma in termini un po’ così, una specie di economia cacio e pepe, la mia economia domestica: in altre parole, la mia vita ai tempi della crisi.

Visto che il destino, anche quando non lo metto in conto, mi fa muovere in direzione ostinata e contraria, mi sono trasferito a Valencia nel Settembre 2011, quando parte della valanga di italiani trasferitisi nella “Spagna dei Balocchi” nel decennio precedente iniziava il suo mesto rientro in terra natía, dopo aver perso il lavoro o l’attività in Spagna a causa della recessione. Negli ultimi tempi, in Spagna come nel resto dell’Europa cosiddetta periferica, il governo centrale e quelli locali tagliuzzano qua e là la spesa pubblica e aumentano le tasse, nel vano tentativo di raschiare il fondo di un barile ormai vuoto.

Ahimé, se in italia il compito spetta al cosiddetto “SuperMario”, in Spagna c’è “Super(?)Mariano”, ossia Mariano Rajoy che, con la manovra dello scorso gennaio, non si è risparmiato.

Molti economisti criticano l’ansia fiscale dell’Unione Europea dicendo che le manovre a cui stiamo assistendo risulteranno in una recessione ancora più dura. Il ragionamento è semplice: le manovre restrittive (tasse più alte, tagli alla spesa e ai contributi sociali, introduzione di ticket anche per respirare l’aria di casa) riducono il reddito disponibile per consumi.

C’è però un secondo problema, che è la tanto citata perdita di competitività dei Paesi del sud Europa, anche dovuta a un costo del lavoro unitario cresciuto troppo negli ultimi anni. (Attenzione, qui arriva il primo fraintendimento: non sono i salari ad essere cresciuti troppo, sono i salari in relazione alla produttività. Come risolvere il problema? “Tagliando i salari” è la risposta che va di moda nella Collezione Primavera/Estate 2012 dell’UE. Se è vero che misure e riforme per stimolare la produttività hanno effetto solo nel medio periodo, che aspettiamo a metterle in pratica? Perdincibacco.)

Il problema è che così il reddito disponibile si riduce ulteriormente, deprimendo a sua volta i consumi, e allontanando la ripresa.

Per capire un po’ come funziona questo circolo vizioso che ci sta trascinando nella seconda recessione in 4 anni, vediamo un po’ la storia del consumatore-tipo: io.

Appena arrivato qui, un po’ per necessità (dovevo comprare un sacco di cose per la casa nuova) un po’ per ansia da bella vita (“ma qui è tutto economico! spendiamo!”), mi sono dato alle spese allegre, dilapidando tutti i miei (magri) risparmi.

…Poi è arrivato il 2012. E sono arrivati:
-          L’aumento dell’ IRPF (come l’IRPEF italiana)
-          L’aumento del biglietto del bus e della metro a Valencia
-          L’aumento del menu del pranzo in facoltà
-          L’aumento della bolletta della luce
-          L’aumento del giramento di coglioni e di tante altre cose.

Mi sono fatto due conti in tasca e tutte queste cose insieme hanno ridotto il mio potere d’acquisto di circa il 18% (!).

Ed io, consumatore-tipo, ho risposto così:
Il pranzo sociale in facoltà è sostituito da un più triste, asociale e modesto pranzo in ufficio con cibo portato da casa (nella foto, un piatto di pasta con le melanzane e una mela modello “fuji”):

La metro si prende solo se è inevitabile. Per tutto il resto c’è la mia bici Eugenia (davvero, l’ho chiamata così), a cui la settimana scorsa ho rotto un pedale.
In casa ho due stufe (casa mia non ha il riscaldamento, come quasi tutte le case qui a Valencia). Fino all’inizio di febbraio di sera le usavo entrambe; dopo aver ricevuto la bolletta 15 gennaio-15 febbraio pari a 142 € questo è il nuovo modo di non prendere freddo in casa:

Provo una sensazione di empatia verso i manifestanti nelle proteste quotidiane che si vedono a Valencia:
 … insomma, la vita ai tempi della crisi del debito è fatta di sacrifici e autoironia.

Conclusione seriosa:

Io penso che i tagli, los recortes, siano un male necessario per alcuni capitoli della spesa pubblica, dove gli sprechi, negli anni di bonanza, hanno avuto la meglio. E sono anche una lezione per i Paesi che “si sono comportati male”.

Ma concordo con i molti economisti che hanno dubbi sull’opportunità, in questo momento, delle misure che si stanno adottando. E’ importante sì rimettere i conti pubblici su un percorso sostenibile, ma bisogna ricordare che la sostenibilità dipende (1) dal valore assoluto del debito e (2) dall’andamento dell’economia (grezzamente, il PIL).

Purtroppo, sorge il dubbio che il conservatorismo (economico) cieco che guida le scelte dell’UE solo consideri il punto (1), che la potenza di lobby piccole e ben organizzate faccia sì che i governi preferiscano un danno generalizzato (aumentare le imposte) ad un intervento sacrosanto (rendere più competitivi i mercati finali, per ridurre i prezzi tramite una riduzione dei margini dei profitti, piuttosto che dei salari), e che qualsiasi piano di rientro del deficit dovrebbe essere ragionevole, oltre che “necessario”. E, infine, che los recortes sono socialmente accettabili (e meno iniqui) solo se tutte, proprio tutte le categorie sociali ed economiche fanno la loro parte, e così, purtroppo, non è.

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