giovedì 10 ottobre 2013

Yonki

La parola yonki è una spagnolizzazione dell'inglese junkie (un po' come beisbol è lo spagnolo per baseball) e indica una persona che ha una dipendenza.
Ebbene, io vi comunico fieramente che ho una dipendenza dalle serie televisive, cosa che, per fortuna, negli ultimi tempi sembra non essere più da sfigati, e questo perché da un po' di anni a questa parte la qualità media dei telefilm, in particolare americani, ma non solo, è aumentata di molto ed alcuni sono delle perle. Anzi, quasi dei lunghi film di ottimo livello.

In questo mi aiutano la mia connessione internet, che mi permette di scaricare a valanga, e siti web (spagnoli) come series.lySeriesYonkis dove ci sono link a tutte le serie che si possano desiderare, per vederle in streaming doppiate o (per fortuna) in lingua originale.

Tutto ciò mentre in Italia la televisione non è in grado di produrre di meglio che la millequattrocentesima stagione di Don Matteo, surreale telefilm in cui un prete di provincia indaga sugli omicidi che avvengono nel suo paesino, che deve avere un tasso di criminalità più alto di quello di Cabot Cove (ti credo: con Nino Frassica come commissario non si può avere fiducia nei Carabinieri), o Fratelli Detective, in cui due fratelli indagano su omicidi, il che ti fa chiedere "ma che cazzo fa la polizia?", o Commesse, in cui delle commesse indagano su omicidi... ah no, questo no. Comunque per dire che c'è un mondo di alto livello tra le serie tv per cui non è più tanto da nerd sfigati esserne un fan, ed è ora di celebrarlo.

Ora, io ho una passione particolare per il crime, il che rende i miei giudizi un po' alterati, ma a suo tempo sono anche stato un grande fan di Lost, Weeds, Grey's Anatomy e chi più ne ha più ne metta. Ad ogni modo, ecco la mia personale Top 11 (non riuscivo a toglierne una per scendere a 10, sorry) delle Serie che ho visto quest'anno, senza spoilers, e con giudizi personalissimi ma affidabilissimi.

11


Downton Abbey. Racconta le vicende di una ipotetica casa nobiliare inglese all'inizio del ventesimo secolo, tra humor inglese, amori (im)possibili e servitù che ne sa una più del diavolo. Mi sono tuffato in questo telefilm quando l'asportazione del dente del giudizio e l'inattesa infezione mi hanno costretto a casa, con laceranti dolori; tuttavia, a lungo andare, trovo che stanchi un po'. Ok gli attori bravi, il senso dell'umorismo trasmesso da Maggie Smith (che sembra essere lì solo per tirar fuori una battutina tagliente ogni 15 minuti), ma francamente un Beautiful novecentesco anche no. Avrebbero potuto fare una sola stagione e avrebbero avuto anche il mio applauso.

10

Bates Motel. Una serie che vuole raccontare le vicende di un Norman Bates adolescente e che te lo mostra con iPhone, che più adolescentedelduemila non si può, lascia all'inizio un po' perplessi. E caratterizzare il paesino come una sorta di Twin Peaks dove gli unici che mancano sono la signora del ceppo e il nano non aiuta molto. Eppure, ho trovato questa serie ben fatta, con Vera Farmiga straordinaria e sicuramente si merita che io sia in attesa della seconda stagione, soprattutto dopo un cliffhanger finale che non ha deluso le aspettative.

9

Dexter 8. Parliamoci chiaro: io sono stato un gran fan di Dexter. Iniziai a vederlo proprio quando iniziò negli States, scaricandolo (illegalmente) usando la rete wifi a cui mi connettevo (illegalmente) dalla mia mansarda di via Santo Stefano a Bologna, dove ero in affitto (illegalmente). E non mi ha mai deluso. Detto questo, l'ottava stagione, le cui aspettative erano state pompate all'inverosimile con la pantomima di "The end is near", mi ha lasciato con l'amaro in bocca. Lotta con Lost per il premio al peggior finale di sempre.

8

The Bridge. Un cadavere viene ritrovato a metà sul confine tra Messico e Texas, su un ponte, e costringe due detective, uno messicano e una americana, a collaborare insieme nonostante siano l'uno l'opposto dell'altro. Uno dei motivi principali per vedere questa serie è il personaggio della detective americana, Sonya, trionfo della totale assenza di empatia e senso dell'opportuno. Un personaggio che, se la serie andrà avanti, potrebbe fare storia. Comunque, la prima stagione è appena finita, io ho visto i primi 3 episodi ma il giudizio è un: mmmmmm, interesting.

7

A young doctor's notebook. Tratto dai racconti di un tizio bulgaro di cui non mi ricordo il nome, racconta le vicende di un neolaureato in medicina nella Russia appena divenuta comunista che viene spedito da Mosca in un remoto villaggio della Siberia. Divertente e sarcastico, senza alcun tentativo di essere politicamente corretto, e poi con Jon Hamm nel cast, direi che sono motivi sufficienti per vederlo. E sono solo 4 episodi.

6

Utopia. Della gente strana si mette alla ricerca di un fumetto, Utopia appunto, che a quanto pare svelerebbe il segreto di nonsisabenecosa. Tuttavia, allo stesso tempo, anche un gruppetto di nerd che tra loro non si conoscono cerca di entrarne in possesso, ma semplicemente perché sono dei nerd. Bellissimi colori e fotografia, sangue e scene un po' estreme che a me ricordano molto Tarantino, una piccola e surreale gemma di sei episodi prodotta da Channel 4 (ecco, iniziamo con le serie inglesi).

5

The Following. Un serial killer mette su una setta di serial killers e si prende gioco dell'FBI, che sicuramente non fa una bella figura. Lo ammetto: ci sono molti passaggi in questo telefilm che sono molto poco credibili, ma nessuna serie mi aveva mai generato tanta ansia quanto questa. Il telefilm è pervaso di un senso di "non ci si può fidare di nessuno" che dà angoscia, e il cast è da applauso. Attendo con ansia la seconda stagione.

4

What Remains. Altro prodotto inglese (questa volta BBC). Il cadavere di una ragazza viene trovato in un sottotetto dopo qualche anno dalla sua morte, senza che nessuno avesse mai denunciato la sua scomparsa. A parte che un giallo, What Remains è una storia tristissima che parla di solitudine e cinismo. Un'altra volta un applauso agli inglesi, che hanno il pregio di mantenere le storie sufficientemente brevi, così da non rovinarle (cosa che spesso gli americani non sanno fare).

3

Game of Thrones 3. Vabbè dai, GOT è famoso, e sicuramente io sono il meno esperto del mondo. Devo dire però che questa serie dà tante soddisfazioni, perché non solo mantiene il suo livello alto con il tempo, bensì lo migliora. La scena del Red Wedding dell'episodio 9 ormai è passata alla storia. Non è più in alto solo perché il finale, rispetto al resto della stagione, era un po' sottotono.

2

Broadchurch. Il cadavere di un ragazzino di 11 anni viene ritrovato sulla spiaggia della cittadina di Broadchurch e ne sconvolge l'esistenza. Questa miniserie di 8 episodi mi ha spezzato il cuore. E non per la storia in sé della morte di un ragazzino: anzi, trovo che spesso film, telefilm, e, nella vita reale, TG e talk show usano storie di questo tipo in modo squallido, tirandoti fuori la lacrima facile. Ho sempre odiato il modo di fare di certo giornalismo, come talvolta in Italia, che chiama Tommaso Onofri "Il Piccolo Tommy" e si riferisce ai pedofili parlando di "Orchi", come se fossero delle creature di un altro mondo mentre putroppo sono dei criminali ben presenti e diffusi nella notra società. Queste, ho sempre pensato io, sono vere mancanze di rispetto verso tragedie che coinvolgono minori. Insomma, Broadchurch mi ha colpito moltissimo per il modo di trattare la vicenda, il modo in cui sono sviluppati i personaggi e si raccontano l'ipocrisia e la violenza verbale e psicologica che spesso si manifestano in comunità che, al principio, sembravano perfette. 

1

In the Flesh. Non è la solita storia di zombie. Questa perla di 3 episodi di BBC Three affronta il tema (trito e ritrito) degli zombie in modo del tutto originale e molto toccante. La serie comincia al termine di una apocalisse zombie, che è stata fermata, e si è trovata una cura per gli zombie, o meglio per una malattia che le autorità chiamano "Partially Deceased Syndrome". Il vero problema è reinserire gli (ex) zombie nella società, e in particolare a Roarton, piccolo paesino dove le milizie anti-zombie dettano legge. Sì, è una miniserie che parla di zombie, ma in realtà può parlare di qualsiasi contesto in cui la società si rifiuta di accettare chi è diverso, in cui anche la famiglia si vergogna dei suoi membri, in cui tra il pubblico e il privato c'è un solco enorme e soprattutto in cui accettare le cose e chiamarle col loro nome, per alcuni, è impossibile. Sono davvero contento che stiano realizzando la seconda stagione, che andrà in onda nel 2014.