mercoledì 12 settembre 2012

Comunitat Valenciana: hay de todo


Lo slogan che promuove il turismo nella Comunidad Valenciana è "Comunidad Valenciana. Te doy todo" e cioè "ti do tutto".

Ma è anche vero che nella Comunidad Valenciana (o País Valenciano, a seconda di quanto chi sta parlando si senta valenziano piuttosto che spagnolo) hay de todo, c'è di tutto. Per un italiano, per di più terrone come me, gli aspetti più bizzarri della regione di Valencia, risultato di un miscuglio molto originale di politica corrotta, speculazione edilizia, opportunismo e chi più ne ha più ne metta, non sono una grande sorpresa: dopotutto, se siamo tutti PIGS un motivo ci dovrà pur essere.

Lo scorso fine settimana sono arrivati a Valencia due amici che vivono a Toronto; sono rimasti da me per un paio di giorni e, mentre li aiutavo a organizzare i loro spostamenti successivi verso la straordinaria zona costiera di Denia e Javea, dove solitamente vanno a svernare i Valenciani di classe più alta, oltre ad un mare di tedeschi, ho riflettuto su quanto il País Valenciano sia anche una miniera di posti surreali.

A sud di Denia e Javea si può proseguire verso Benidorm, città che soffre di gigantismo cronico, sviluppata più in verticale che in orizzontale, con i suoi grattacieli a fare da contorno alla costa che la fanno sembrare un po' Miami, o meglio una Miami mal riuscita. A Benidorm c'è anche la celebre Terra Mitica, un parco divertimenti che doveva far piovere denaro sulla zona, ma che è tra le cause del tracollo finanziario di Bancaja (poi entrata in Bankia), la Caja de Ahorros della Comunitat che, spinta dai baroni politici locali del PP, ha finanziato il progetto.

Ma a Benidorm meglio non fermarsi: la Costa Blanca verso Alicante offre scenari molto più interessanti, ed è forse per questo che, insieme a Maiorca, è una sorta di protettorato tedesco.

In realtà, è nella sua parte settentrionale che il Pais Valenciano offre i migliori trionfi di stile. Dimenticate le scogliere di Denia e Javea; dimenticate la calma e il fascino dell'Albufera, la riserva naturale dove si mangia la paella migliore del mondo: lasciata la Capital, andate a nord, verso Castellón, città (e provincia) protettorato della famiglia Fabra che, manco fosse una dinastia di nobili, la amministra da... vabbè, da sempre.

(Nota di colore: prima dell'estate, Andrea Fabra, membro della stessa famiglia e attualmente deputato del Partido Popular, divenne nota perché in Parlamento, riferendosi a quelli che manifestavano per le strade contro le politiche di tagli dell'attuale governo, disse a gran voce: "che se ne vadano a fanculo!")

Quando, un paio di fine settimana fa, sono andato a trovare una mia amica a Castellón per andare al mare insieme, abbiamo avuto la malsana idea, dopo pranzo, di fare una gita freak. Proprio così: volevamo vedere uno di questi posti tanto venduti e svenduti al turismo, che la pubblicità promuove come un paradiso delle famiglie dove tutto è perfetto.

Abbiamo preso la macchina e siamo andati a Marina d'Or. Pardon: Marina d'Or Ciudad de Vacaciones.


Marina d'Or è una città finta, creata solo a fini turistici, nel pieno del delirio della bolla immobiliare spagnola. La quantità, impossibile da contare, di appartamenti a ridosso di una spiaggia strettissima - o divenuta tale perché sopra ci hanno costruito di tutto - si sviluppa attorno a strade e giardini dove tutto sembra (o è) finto. E' l'esempio più lampante dell'epoca della crescita spagnola drogata dal mattone, tanto che, quando io e A. eravamo lì, abbiamo decretato che l'inno ufficiale di Marina d'Or non poteva che essere Euphoria, la canzone che ha vinto Eurovision 2012, se non altro per il suo titolo:


Mentre passeggiavamo per le strade semideserte di questa pseudo-città, io e A. abbiamo avuto una conversazione 2.0 da veri giovani dell'epoca dei social network:
"Certo, questo è un posto dove bisognerebbe fare il check in", mi ha suggerito A.
"Ci stavo pensando", ho risposto divertito.
"..."
"... ma poi ho pensato che mi sarei vergonato di avere una cosa del genere sulla bacheca di Facebook"
"Ah in ogni caso non mi taggare!" mi ha intimato A., mettendo le mani avanti.
"Allora vedi che ti vergogni anche tu di essere qui?"

E così siamo risaliti sulla macchina - e alla radio in quel momento passavano proprio Euphoria - per tornare verso Castellon.

In realtà, avremmo voluto fare un'altra tappa, in un posto ancor più glamour: l' Aereoporto di Castellón.
L'Aereoporto di Castellon ha tutto ciò che un aereoporto dovrebbe avere: un sito internet con le previsioni del tempo, una statua bizzarra davanti all'ingresso, una pista d'atterraggio e dei guardiani.

Il piccolo problema è che non ci sono aerei. Fu inaugurato ad aprile del 2011, in pompa magna - e soprattutto in vista delle elezioni locali - pur non avendo l'autorizzazione per entrare in funzione. Consapevole della stranezza di tutto ciò, il presidente della Provincia, che appunto fa di cognome Fabra, dichiarò:

"Dicono che siamo pazzi ad inaugurare un aereoporto senza aerei, ma non hanno capito il nostro progetto: Questo non è un aereoporto per gli aerei, questo è un aereoporto per la gente!" e giù applausi scroscianti.

Fatto sta che AeroCas è così tanto per la gente e così poco per gli aerei che, mentre sono state organizzate visite guidate per i cittadini che volevano vederlo, da lì non è ancora partito un aereo, né ci è atterrato. E lo scorso anno ha chiuso il bilancio con un modico passivo di 9 milioni di euro.

Il problema è che, nel frattempo, le visite guidate sono finite e, dato che non è ancora in funzione, manca anche la segnaletica stradale per arrivarci. E' l'Area 51 della Comunidad Valenciana, e non è nemmeno così tanto vicino a Castellón, il che fomenta la domanda: a che cazzo serve? Su facebook un po' di gente lo ha capito, ma comunque io credo che non fosse necessario costruire un aeroporto a tal fine.

Ciò non toglie che può ancora essere la destinazione ideale della mia prossima gita freak.

1 commento:

  1. Si los técnicos en turismo de la Generalitat tuvieran algo de visión comercial apostarían por las rutas de turismo trash...

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