Venerdì è finito il secondo semestre. È finito il mio primo
anno da prof, e ne esco stanco morto, e la prossima volta che qualcuno mi dice
“ah fai 8 ore di lezione a settimana? Scusa, ma che fai il resto del tempo?”
gli tiro una sberla. E no, non risponderei “scrivo cazzate su
unapregunta.tumblr.com”.
Ad ogni modo, quest’anno mi ha regalato delle perle che mai
avrei potuto immaginare. Già da 6 anni facevo docenza in università, ma da
assistente, e chiaramente non è la stessa cosa. Gli studenti sono molto più
creativi quando hanno a che fare con il titolare del corso, e le cadute di
stile che si possono avere con loro hanno una portata molto maggiore.
La mala educación
Nelle mie ore di ricevimento studenti, ho alcuni
aficionados. Tra di loro, una studentessa con la quale ho avuto un rapporto
conflittuale dall’inizio del corso, quando, durante una lezione in cui lei,
seduta in prima fila (in un’aula di 30 persone), non la smetteva di parlare a
voce alta con la sua compagna di banco, sbottai:
- Mi fate la cortesia di andare a parlare fuori? Nessuno vi
costringe a stare qui
- Eh?
- E’ dall’inizio della lezione che parlate senza fermarvi
- Non è vero
- Sì, e io l’ho sognato.
In realtà poi durante il corso si è comportata meglio,
finché un giorno non è venuta nel mio ufficio, in orario di ricevimento, per
fare delle domande sulla presentazione che doveva fare in classe il giorno
dopo.
- Posso mostrarti la presentazione? E’ sul mio pc.
- Certo, fammi pure vedere.
- Oh, la batteria è scarica. Hai una presa?
- Certo, passami pure il caricabatterie.
Il mio ufficio è così:
Lei era seduta di fronte a me, mi ha passato il
cariacabatterie, io mi sono girato a sinistra verso il mio computer perché ho
le prese sotto quel tavolo.
Il tempo di rialzarmi, e l’ho trovata alla destra della mia
sedia, seduta sul tavolo.
- …
- …
- Puoi andare a sederti al tuo posto
- Ah
Lezione imparata: mai fare ricevimenti a porta chiusa.
Penalización
In entrambi i corsi che ho dato il secondo semestre,
assegnavo periodicamente dei lavori agli studenti, che contavano per una parte
del voto finale. Se, tuttavia, non si consegnavano, la corrispondente
percentuale del voto andava persa. È quella che qui chiamano evaluación
continua. In entrambi i corsi, avevo uno studente Erasmus che era arrivato a
Valencia con un paio di settimane di ritardo rispetto all’inizio del semestre,
e così gli avevo dato un po’ di dritte, in ufficio e a fine lezione, su come
recuperare. Lui veniva sempre a fare domande, ma in realtà sembrava un po’
paraculo.
E infatti, quando arrivò il suo turno di preparare il lavoro
individuale e la presentazione in classe, non venne. La settimana successiva,
con la coda tra le gambe, venne a fine lezione per scusarsi della sua assenza.
- Io ho scritto e vi ho detto che dovete avvisare se non
potete venire
- Sì, è che davvero è stato un contrattempo
- Sì certo. È una forma di rispetto verso i tuoi colleghi.
- Adesso
che succede? Non potrò fare l’esame?
- Certo che puoi farlo, però quel lavoro valeva il 15% del
voto finale. Puoi venire a fare l’esame, ma dovrò penalizzarti
Lui accenna un sorriso e alza un sopracciglio:
- Uh. Penalizzare…
- …
- …
- Sì. Tutto qui.
Sono tuttora sbigottito.
C’è una videochiamata
per te
In uno dei due corsi, ho dedicato l’ultimo giorno di lezione
a fare una simulazione d’esame. Essendo in un’aula diversa dal solito e senza
il computer fisso, ho portato il mio laptop. (Nota bene: in un anno intero, non
ho mai fatto lezione con il mio portatile personale.) Ho caricato il documento,
il proiettore funzionava bene, e la lezione stava filando liscia come l’olio:
gli studenti si offrivano volontari per risolvere gli esercizi.
Unico problema: avevo dimenticato di mettermi “non in linea”
su Skype, che tengo sempre connesso visto che lo uso soprattutto per lavoro,
così di tanto in tanto comparivano finestrelle dicendomi che varia gente era
ora in linea, ma poco male.
Ad un quarto d’ora dalla fine della lezione – pardon, del
semestre – è partito un suono a me noto. Quello delle chiatate Skype. Mi giro
verso lo schermo gigante e vedo “… ti sta videochiamando”, con tanto di
foto-avatar. Gli studenti scoppiano a ridere, io divento rosso e clicco su
“ignora”. La mia amica che mi stava videochiamando mi mi ha mandato un
messaggio, e così è comparso il suo saluto di sempre, nella finestrella in
basso a sinistra: “amour!”, ma io ho fatto finta di niente e ho proseguito la
lezione.
Una studentessa, non contenta del momento di imbarazzo che
avevo avuto, chiede: “È la tua ragazza?”.
Non ci potevo credere. Mi sono limitato ad aprire le
braccia. Poteva significare tante cose, ad esempio “che razza di domande fai”,
“vogliamo continuare con la lezione?” ma soprattutto significava “non hai
proprio capito niente”.
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