lunedì 30 luglio 2012

Un año de docencia

(28 Maggio 2012)



Venerdì è finito il secondo semestre. È finito il mio primo anno da prof, e ne esco stanco morto, e la prossima volta che qualcuno mi dice “ah fai 8 ore di lezione a settimana? Scusa, ma che fai il resto del tempo?” gli tiro una sberla. E no, non risponderei “scrivo cazzate su unapregunta.tumblr.com”.
Ad ogni modo, quest’anno mi ha regalato delle perle che mai avrei potuto immaginare. Già da 6 anni facevo docenza in università, ma da assistente, e chiaramente non è la stessa cosa. Gli studenti sono molto più creativi quando hanno a che fare con il titolare del corso, e le cadute di stile che si possono avere con loro hanno una portata molto maggiore.

La mala educación
Nelle mie ore di ricevimento studenti, ho alcuni aficionados. Tra di loro, una studentessa con la quale ho avuto un rapporto conflittuale dall’inizio del corso, quando, durante una lezione in cui lei, seduta in prima fila (in un’aula di 30 persone), non la smetteva di parlare a voce alta con la sua compagna di banco, sbottai:
- Mi fate la cortesia di andare a parlare fuori? Nessuno vi costringe a stare qui
- Eh?
- E’ dall’inizio della lezione che parlate senza fermarvi
- Non è vero
- Sì, e io l’ho sognato.
In realtà poi durante il corso si è comportata meglio, finché un giorno non è venuta nel mio ufficio, in orario di ricevimento, per fare delle domande sulla presentazione che doveva fare in classe il giorno dopo.
- Posso mostrarti la presentazione? E’ sul mio pc.
- Certo, fammi pure vedere.
- Oh, la batteria è scarica. Hai una presa?
- Certo, passami pure il caricabatterie.
Il mio ufficio è così:

Lei era seduta di fronte a me, mi ha passato il cariacabatterie, io mi sono girato a sinistra verso il mio computer perché ho le prese sotto quel tavolo.
Il tempo di rialzarmi, e l’ho trovata alla destra della mia sedia, seduta sul tavolo.
- …
- …
- Puoi andare a sederti al tuo posto
- Ah
Lezione imparata: mai fare ricevimenti a porta chiusa.

Penalización
In entrambi i corsi che ho dato il secondo semestre, assegnavo periodicamente dei lavori agli studenti, che contavano per una parte del voto finale. Se, tuttavia, non si consegnavano, la corrispondente percentuale del voto andava persa. È quella che qui chiamano evaluación continua. In entrambi i corsi, avevo uno studente Erasmus che era arrivato a Valencia con un paio di settimane di ritardo rispetto all’inizio del semestre, e così gli avevo dato un po’ di dritte, in ufficio e a fine lezione, su come recuperare. Lui veniva sempre a fare domande, ma in realtà sembrava un po’ paraculo.
E infatti, quando arrivò il suo turno di preparare il lavoro individuale e la presentazione in classe, non venne. La settimana successiva, con la coda tra le gambe, venne a fine lezione per scusarsi della sua assenza.
- Io ho scritto e vi ho detto che dovete avvisare se non potete venire
- Sì, è che davvero è stato un contrattempo
- Sì certo. È una forma di rispetto verso i tuoi colleghi.
- Adesso che succede? Non potrò fare l’esame?
- Certo che puoi farlo, però quel lavoro valeva il 15% del voto finale. Puoi venire a fare l’esame, ma dovrò penalizzarti
Lui accenna un sorriso e alza un sopracciglio:
- Uh. Penalizzare…
- …
- …
- Sì. Tutto qui.
Sono tuttora sbigottito.

C’è una videochiamata per te
In uno dei due corsi, ho dedicato l’ultimo giorno di lezione a fare una simulazione d’esame. Essendo in un’aula diversa dal solito e senza il computer fisso, ho portato il mio laptop. (Nota bene: in un anno intero, non ho mai fatto lezione con il mio portatile personale.) Ho caricato il documento, il proiettore funzionava bene, e la lezione stava filando liscia come l’olio: gli studenti si offrivano volontari per risolvere gli esercizi.
Unico problema: avevo dimenticato di mettermi “non in linea” su Skype, che tengo sempre connesso visto che lo uso soprattutto per lavoro, così di tanto in tanto comparivano finestrelle dicendomi che varia gente era ora in linea, ma poco male.
Ad un quarto d’ora dalla fine della lezione – pardon, del semestre – è partito un suono a me noto. Quello delle chiatate Skype. Mi giro verso lo schermo gigante e vedo “… ti sta videochiamando”, con tanto di foto-avatar. Gli studenti scoppiano a ridere, io divento rosso e clicco su “ignora”. La mia amica che mi stava videochiamando mi mi ha mandato un messaggio, e così è comparso il suo saluto di sempre, nella finestrella in basso a sinistra: “amour!”, ma io ho fatto finta di niente e ho proseguito la lezione.
Una studentessa, non contenta del momento di imbarazzo che avevo avuto, chiede: “È la tua ragazza?”.
Non ci potevo credere. Mi sono limitato ad aprire le braccia. Poteva significare tante cose, ad esempio “che razza di domande fai”, “vogliamo continuare con la lezione?” ma soprattutto significava “non hai proprio capito niente”.
   

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