L’espressione “no tener ni un duro” in spagnolo significa
“non avere una lira”, “avere le pezze al culo”, “non avere i soldi per fare un
segno al muro”. In particolare, il duro era il nome colloquiale dato alla
moneta da 5 pesetas, equivalente a 58 lire o, per essere più moderni, 3
centesimi di euro. Insomma, come il dollaro ha i nickels e i dimes, e la
sterlina ha il penny, la gloriosa peseta (che, visto l’andazzo delle cose,
potrebbe tornare tra noi prima della fine di questo anno bisesto) aveva il
duro.
Dal valore intrinseco del duro è abbastanza chiaro che se
una persona non ha nemmeno quello è davvero messa male. Dopotutto, con 3
centesimi non ci compri nulla. Anzi: 3 centesimi vuol dire una moneta da due e
una da uno, e quelle monete sono così sfortunate che gran parte dei
distributori o biglietterie automatiche non li accettano. E’ chiaro che quella
del duro è un’iperbole, perché cazzo, 3 centesimi si trovano anche per strada,
però esemplifica bene una situazione un po’ complicata in cui ci si può
trovare.
Ci sono diversi modi per ritrovarsi sin un duro: non avere
un reddito, e in quel caso la situazione è più o meno permanente; avere un
reddito insufficiente, per cui cronicamente si arriva alla fine del mese (o già
alla metà del mese) con il conto corrente prosciugato, oppure vivere al di
sopra delle proprie possibilità, con una gestione irrazionale delle proprie
risorse.
Alcuni esempi di istituzioni e persone sin un duro: il
Governo Greco; la Generalitat (l’amministrazione regionale, nda) Valenciana; il
barbone anziano con i rasta che alloggia tra via della Grada, via San Felice e
via Riva di Reno a Bologna; io.
Nessun commento:
Posta un commento