Gli spagnoli e gli italiani affrontano il dilagare della
lingua e della cultura anglosassone in modo diverso. Spesso noi facciamo
battute riguardo alla pronuncia spagnolizzata di molte parole del vocabolario
inglese, o al fatto che gli spagnoli traducono molte espressioni anglosassoni
nella loro lingua, il che ce le fa sembrare strane.
E così, da un lato, Spiderman viene pronunciato espíderman, il ketchup ketchúp e MacGyver diventa Macguíver; dall’altro lato, il mouse qui
è un ratón, il computer ordenador e Gray’s Anatomy si trasforma
in Anatomía de Gray, mentre Desperate
Housewives è un semplice Mujeres
Desesperadas.
I due popoli latini condividono, tra le altre cose, il fatto
di chiamare la band irlandese U2 in lingua propria, e cioè U Dos a sud del Pireneo e U
Due in Italia.
Ma siamo sicuri di poterli criticare, dal basso della nostra
inglesizzazione dominante, che ci porta a usare l’inglese anche quando è
totalmente inutile?
In particolare, l’esperienza mi sta mostrando che
l’approccio italiano e quello spagnolo hanno una differenza fondamentale: noi
assorbiamo le parole inglesi e gradualmente cancelliamo dal parlato termini del
tutto equivalenti nella nostra lingua, mentre nel caso del castigliano, anche
se è molto meno frequente, le parole vengono assorbite modificandone la
pronuncia e/o la scrittura così come sarebbero se l’origine della parola fosse
proprio spagnola.
Ed ecco un campionario di parole che farebbero rivoltare
nelle rispettive tombe Shakespeare, Cervantes e Dante Alighieri:
Spagnolo: football si dice e scrive fútbol, junkie è yonqui, leader diventa líder,
cocktail coctél e chi più ne ha più
ne metta. Ho anche letto sulla vetrina di un fotografo che lì si potevano far
aggiustare le foto con Fotochop.
Italiano: non si va a passeggiare, si fa walking; le presentazioni in aula sono
fatte con le slide, non si beve una
vodka con succo d’arancia o di limone ma rispettivamente un vodka orange o vodka lemon, in palestra si va a fare fitness, io sto scrivendo questo post sul mio laptop,
talvolta ci si saluta scrivendosi kiss,
la gente cool va ai party e Dario Di Vico in un articolo sul
Corriere della Sera di pochi giorni fa ha evidenziato come IKEA abbia successo
“(…) anche nel food”, come se poi ciò
che si mangia nei centri IKEA non possa essere definito “cibo” o l’attività di
riferimento “ristorazione”. In aeroporto bisogna fare check-in. E su internet c’è chi si avventura a commentare con
sonori LOL, ROTFL, IMHO eccetera. (Volevo evitare di scriverlo, ma c’è anche
chi dice che le cose divertenti siano lollose. Lollose. Voglio Morire.) Senza
dimenticare che il prodotto Carefree
anche nella pubblicità, in Italia, viene chiamato C-a-r-e-f-r-e-e, così, come
lo pronunceremmo se fosse nella nostra lingua.
Il problema è che noi ci siamo così abituati a sentire
l’inglese usato in maniera impropria, molto spesso da persone che magari
nemmeno lo masticano, e inserito come il prezzemolo in conversazioni banali,
che nemmeno ce ne accorgiamo più.
E così ridiamo dei telefilm Perdidos ed El Mentalista
senza ricordare che, ad esempio, un tempo si andava in ospedale a fare degli
esami, non il check-up, e che, se è
vero che gli spagnoli amano volare con una compagnia che chiamano Rianér (pronunciata così anche dagli
altoparlanti degli aeroporti) perché è economica e usano sempre di più degli
aggeggi detti Esmartfon, noi siamo
pur sempre quelli che, invece di andare a correre, fanno jogging o footing , che
hanno chiamato un Ministero, cazzo, un Ministero, “Ministero del Welfare” e che se volessi potrei continuare con
questa lista all’infinito.
Peggio noi.
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