Ebbene sì, sto cercando di smettere di fumare di nuovo,
nonostante il disastroso fallimento del mio ultimo tentativo. Ma cosa ci porta
a smettere di fumare?
In teoria, farlo ha così tanti vantaggi che uno
non dovrebbe pensarci due volte. Il risparmio non indifferente di denaro, non
svegliarsi più la mattina con quella schifosa tossetta, perdere la dipendenza
dalla nicotina che ti costringe a cercare sigarette proprio quando di
distributori non c’è ombra, non sentire l’odore di fumo sui vestiti, vedere la
pelle del viso che poco a poco riprende un colore diverso, riconoscere che il
sapore del cibo è ancor più intenso di quello che si pensava, poter baciare una
persona che non fuma senza prima imbottirsi di mentine. Ah, stavo dimenticando
il dettaglio del ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, per citare il
retro dei pacchetti.
Nel mio caso, il semplice fatto di pensare a questa lista di
vantaggi è inutile: serve un evento scatenante, dirompente, qualcosa che vinca
la mia assenza di forza di volontà. Ebbene, io ho raggiunto la consapevolezza
necessaria per compiere il grande passo in modo graduale, ma ho ben preciso in
testa il momento in cui ho deciso che avrei smesso.
Era un sabato mattina recente. Mi sono alzato con il mal di
testa da postumi che mi attanagliava il cervello, respiravo producendo un originale
fischio coi polmoni, e ho riflettuto a come sia bravo ad uscire di casa
sentendomi Clark Gable e rincasare ridotto peggio di Peter Falk. Mi sono
alzato, ho raccolto la mia maglietta buttata per terra, ho sentito come puzzava
di fumo e l’ho lanciata nel cesto della biancheria in bagno, prima di mettere
la testa sotto l’acqua e ripensare alla sera prima.
Ho ripensato al tour un po’ troppo alcoolico tra i bar di
Ruzafa, dallo Slaughterhouse all’Ubik, attraverso
livelli di gradazione intermedi, e con parecchie sigarette. E alla parte finale
della serata, all’XtraLarge, utile ultima tappa per salutare il barrio prima di andare a dormire o
cambiare zona (ma io sto diventando troppo vecchio per la seconda opzione).
L’XtraLarge mi piace, mi piace il locale, mi piace la musica che mettono, mi
piace il tipo di gente che lo frequenta.
Comunque, dicevamo. Alcool e sigarette, a profusione. E
proprio quando la serata stava volgendo al termine, mi sono ritrovato davanti a
una persona che non mi aspettavo di vedere lì, e in realtà non ne avevo molta
voglia. Quando ci vedevamo non fumavo mai, forse per guadagnare punti: è noto
che, ai non fumatori, noi fumatori non andiamo molto a genio, a meno che non
siano perdutamente innamorati di noi, e credo proprio che questo non fosse il
caso. Abbiamo avuto una conversazione cordiale, che sarebbe stata addirittura
formale se io non fossi stato in quello stato, quasi da non stare in piedi, e
nel frattempo pensavo a quanto volessi essere già nel mio letto.
Piano piano, nella mia memoria annebbiata dai postumi, ho
ricordato come io biascicassi e gli abbia chiesto più di una volta di ripetere
cosa avesse detto, incolpando il volume della musica, e ho visto lo sguardo un po’ da “guarda
che povero Cristo” che avevo davanti.
E siccome non c’è limite al peggio, per riparare ai danni
della sera prima ho anche mandato un messaggio, che, tra le altre cose, diceva
l’ovvio attraverso un understatement:
“Ero piuttosto ubriaco ieri sera”. Sì: io faccio più cazzate quando ho i
postumi che quando sono ubriaco.
La risposta è stata peggio di una non risposta: “A presto!”. Otto caratteri.
Ci mancava solo l’emoticon.
Lo so, tutto questo non ha niente a che vedere con il fumo.
Ma è davvero per questo che ho deciso di smettere, che a poco a poco ho messo questa
decisione in pratica, e che da 9 giorni non ne sento il più lontano bisogno.
A presto!
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